Overview
Da ormai qualche mese il remake di Resident evil 2 affolla gli scaffali dei vari store e negozi, con risultati più che soddisfacenti. A un mese dall’uscita, infatti, il titolo Capcom ha raggiunto il traguardo di ben quattro milioni di pezzi distribuiti. Un ottimo risultato figlio di una strategia di realizzazione attenta nei confronti di un’utenza che richiedeva prodotti di qualità. Un’utenza a cui non dispiaceva per nulla un nuovo rifacimento legato alla saga inaugurata da Shinji Mikami nel 1996.SOLIPartendo dal comparto visivo, Resident Evil 2 remake (da ora RER 2) è un prodotto che si difende bene pur non raggiungendo complessivamente un risultato d’eccellenza assoluta per la generazione corrente.Uno dei particolari che salta più all’occhio in questo ambito è sicuramente la gestione dell’illuminazione, molto curata e d’atmosfera, che regala un’immersione notevole.I vari ambienti esplorabili, fin dalle prime fasi, risultano in larga parte quasi al buio, valorizzando concetti non originalissimi ma sicuramente funzionali. In linea generale si potrebbe asserire che si ha a che fare, da quello che si vede, in prima istanza con un’atmosfera desolata, mortifera.Posti infatti in cui sono presenti cadaveri e disordini della mobilia che si risolvono in sangue sulle pareti sono associabili al concetto di morte. Morte che a sua volta si associa naturalmente all’oscurità e quindi al colore nero molto diffuso nel gioco, che rappresenta uno dei modi in cui si immagina il trapasso tra l’umanità.Interessante in questo senso come la torcia sia la causa scatenante di un ulteriore elemento da affibbiare all’atmosfera che si respira a Raccon: la solitudine.Le tante location di cui molte al buio o quasi di RER 2 infatti sono esplorabili tramite l’utilizzo di una torcia elettrica. Torcia che a colpo d’occhio, in linea generale, restituisce immagini in cui tutto quello che non rientra nel suo alquanto limitato diametro (cerchio) di luce, é avvolto, per contrasto di luminosità, totalmente dall’oscurità, “sparendo”.Quella luce consegna la sensazione che questi siano gli ambienti in cui si muove qualcosa di solitario: appunto una luce in una diffusa oscurità. L’atmosfera del gioco viene dunque arricchita anche da una sensazione persistente di solitudine che convince.Passando alla realizzazione di modelli e texture, tutto risulta all’altezza in seno alla pienezza poligonale e alla ricchezza degli scenari, sempre pieni di oggetti che gli conferiscono una buona dose di realismo. Il gioco cede, se così si vuol dire, ad alcune texture a volte dalla resa inferiore che però sono state ben distribuite tramite un’organizzata strategia.Il prodotto, infatti, entrando meglio nel merito, mano a mano che si procedere con gli eventi, va smistando sullo schermo in maniera sapiente una serie di elementi che a volte sono in bassa risoluzione, ma che risultano comunque omogenei all’ambiente se non analizzati in maniera molto attenta. Questo perchè occultati dalla luce bassa che si è scelto di adottare.Molto vividi risultano i volti, grazie soprattutto a una rifrazione della luce sugli occhi dei vari personaggi, che si va a sommare a un’attenta texture dell’epidermide e una gran gran mole di poligoni. Occhi dalla rifrazione evidente più una pelle “bucherellata” e il supporto di molti poligoni, quindi, restituiscono una dose interessante di realismo dei volti, su cui la camera spesso indugia in primi piani per esaltarli.Gli stessi, inoltre sono assistiti da animazioni plastiche e convincenti, che vengono accompagnate da movenze dei corpi di buona qualità, anche se evidentemente. nel caso degli zombie, un po’ troppo inconsistenti, da bambole di pezza quando si sovrappongono tra di loro.A proposito degli zombie, coerenti risultano gli sprite che li coinvolgono, che scaturiscono dalla consistenza marcescente della carne che li compone. Si ha quindi a che fare, quando i proiettili raggiungono i corpi dei morti viventi durante le sparatorie, con varie piccole esplosioni dell’epidermide e della carne che rimarcano la natura dei corpi zombeschi.SPARO O NON SPARO?Ben limato e curato si dimostra il game design, dove il concetto di base è ovviamente la sopravvivenza con scarsità di possibilità per poterla perpetuare. Molti elementi di gioco quindi risultano poveri nelle possibilità offerte al giocatore per andare avanti, seppur assistiti da un sistema di controllo sempre reattivo e preciso.Si passa quindi da un level design formato praticamente da stretti corridoi in larga parte (anche certe stanze ampie sono arredate, per esempio, con grandi tavoli in mezzo che formano furbescamente dei corridoi), in cui vengono molto limitati gli spostamenti nello spazio, a delle poche pallottole a disposizione per poter mettere definitivamente al tappeto gli zombie, fino ad arrivare alla torcia che mette in chiaro sul come sono fatte solo porzioni di uno spazio buio.Ma come questi elementi, se messi insieme, stimolano nel giocatore un’impostazione survival ? E’ presto detto. Stabilito che si hanno poche pallottole a disposizione, che i movimenti nello spazio sono limitati spesso da stretti corridoi e che le torce mostrano solo porzioni di quegli spazi spesso bui, se il gioco è approcciato in maniera sbagliata in una situazione di pericolo, presi dall’adrenalina e da una visibilità non ottimale, si può scambiare un corridoio aperto con un vicolo cieco e soccombere al nemico; oppure, varando una seconda opzione, essere ferito sprecando munizioni che potrebbero pesare nel prosieguo dell’avventura.Per poter sopravvivere, risulta dunque necessario, una volta incontrata una situazione potenzialmente pericolosa, o dopo essere incappato in quelle descritte poco sopra, adottare un’impostazione survival, studiando bene la planimetria di ogni stanza per capire come muoversi, anche senza le fonti di luce sufficienti.Una pianificazione attenta aiuta altresì ad evitare i nemici, se è il caso, e a studiare quello che è il corpo degli zombie e delle altre creature. Tutto ciò porta a risparmiare munizioni, rendendo più agevole il progredire dell’avventura, dato che il solo gambizzare un non morto, ad esempio, richiede molto meno spreco di risorse, concedendo la possibilità di poterlo calpestare per proseguire oltre.In tema di sparatorie, risulta sempre ottima la camera in seconda persona, ereditata dal quarto capitolo del franchise della serie varata da Mikami, che aiuta ad avere una mira precisa sui nemici come negli sparatutto, a patto che si sia realisticamente fermi mentre si mira.Si è implicitamente accennato tramite la planimetria al valore di quello che è il consultare una mappa. Nel titolo è curioso come sia stata favorita una schermata che non la prevedesse in sovrimpressione in tempo reale, relegandola al menù di pausa. Questo aspetto si sposa bene con l’atmosfera horror dell’avventura proposta, visto che è tipico in un prodotto dell’orrore, reso popolare dal media filmico, fermarsi per consultare la mappa di un posto desolato.Oltretutto risulta più immersivo e credibile muoversi per dei corridoi che non si conoscono fermandosi di tanto in tanto per consultare la mappa invece che proseguire spediti mentre se ne consulta una in tempo reale a lato dello schermo mentre si cammina, corre e spara.Sarebbe stato preferibile in questo senso che il gioco non si fermasse una volta aperto l’inventario per consultare la mappa (e non solo), ma vista la dose massiccia di riferimenti ai vecchi giochi della serie, si può considerare una scelta del genere come l’ennesimo omaggio ai giocatori del classico Resident Evil 2 del 1998. Omaggio che potrebbe piacere in quanto rispetta quelle che sono le pause, per poter riflettere in situazioni critiche, dei giocatori della serie di vent’anni fa.